martedì 11 marzo 2008

quel problemino li

Sono il secondo di quattro fratelli.
Il primo e' andato per la prima volta in Israele a 38 anni.
Io a 45.Il terzo a 28 e l'ultimo a 10 accompagnato dai genitori cinquantenni che ci andavano per la prima volta.
Come mai abbiamo sentito cosi' tardi questo bisogno di andare a vedere.
E come mai mia figlia alla fine del liceo ha invece sentito il bisogno di andare in Israele per un intero anno.
Questo post nasce da una domanda di mia figlia via telefono da Gerusalemme.
Ma tu mi hai mai passato il concetto di Israele ?
La mia risposta e' stata no.
Per tutta la vita quando dicevo che era ebreo la prima domanda era se ero nato in Israele.
E io li a spiegare che gli ebrei erano in Italia da piu' di duemila anni e che Israele era nato come stato solo un anno prima di me.
Per il sentire comune ci sono israeliani che risiedono in Israele e israeliani che risiedono temporaneamente altrove.
Gli ebrei hanno tentato di realizzare l'ideale di giustizia partecipando a tutte le rivoluzioni ed essendo i primi in tutti i campi innovativi della scienza e della cultura.
Ma tutto questo e' storia del passato.
Se gli ebrei vogliono oggi dimostrare il loro ideale di giustizia hanno oggi un solo terreno.
Quello di creare in Israele una societa' in cui il palestinese non sia straniero.
Israele con un quarto di popolazione araba al suo interno prefigura il futuro dell'Europa.
Israele ha oggi i problemi che noi avremo tra venti trrenta anni.
Quello che succede li ci riguarda tutti.
Questo non vuol dire che un ebreo non possa nella diaspora darsi da fare per "lasciare un segno positivo del suo passaggio"
Puo' e deve farlo ma lo fara' come cittadino del mondo.
Se vuole lasciare questo segno positivo come ebreo deve contribuire a risolvere quel problemino li.

2 commenti:

נחום ha detto...

Luca,
sembrerà una sfumatura, ma perché il palestinese non può essere uno straniero trattato umanamente, ovvero con la nostra stessa legge? La Torah ci ordina di essere giusti verso lo straniero, l'orfano e la vedova, non di far ritornare in vita i genitori o i mariti, e nemmeno di trasformare lo straniero in uno di noi.

GIOELE ha detto...

Quello di creare in Israele una societa' in cui il palestinese non sia straniero.

Ciao Andrea,
suppongo che la riga che ti ha indotto alla sfumatura si quella sopra.
Effettivamente e' ambigua.
Mi viene in mente un adesivo storico di Radio Popolare che diceva "Qui nessuno e' straniero".
E il significato era che qui nessuno straniero e' discriminato.
Stante la natura ebraica dello stato i non ebrei sono stranieri.
E questo non tanto per il potere dei rabbini,quanto per i criteri di cittadinanza.
Se oggi la cittadinanza non venisse data con criteri religiosi Israele diveneterebbe come la Siria e il Libano.
Credo che quando la zona diventasse democratica gli attuali criteri non avrebbero piu' senso.